domenica 29 maggio 2022

TURISMO SCOLASTICO A SCANDIANO - ANNO 1926 - I "SENTIERI" DELLA STORIA LOCALE

Veduta panoramica dall'Antica Corte
di Figno sopra Jano di Scandiano (RE)

Nel “sentiero” delle cronache locali del ventennio fascista, che per lungo tempo è rimasto schiacciato dal pesante fardello di tragici eventi, fatti di soprusi e di vessazioni, delle infami leggi razziali e della sciagurata entrata in guerra al fianco dell’alleato tedesco, riscopriamo anche numerose pagine che meritano di essere approfondite e riportate alla luce. La serietà di analizzare un periodo nella sua interezza e nelle sue sfaccettature, dovrebbe essere il filo conduttore che muove ogni storico, ricercatore storico o semplice appassionato. Il rigore di valutare ogni singolo evento come un tassello di un mosaico più ampio, che deve comunque essere sempre presentato nella sua interezza, dovrebbe far riflettere chi continua a seguire chi invece vede nella storia una forma sempre attuale di propaganda politica. E il brutto vizio di utilizzare la storia per il proprio tornaconto politico è del tutto bipartisan.

 

Premesso tutto questo, oggi riporto una pagina di storia locale che ci viene fissata dalla carta stampata, con il Giornale di Reggio del 16 aprile 1926, che riportava la costituzione della sezione locale della Federazione Nazionale del Turismo Scolastico, formatasi a Scandiano il 10 aprile dello stesso anno, per iniziativa di Mario Angelini e Peppino Curti e del Direttore didattico Dealmo Artioli, tutti esponenti locali del Touring. Tale iniziativa ci restituisce un tempo in cui la conoscenza del territorio, con le sue bellezze paesaggistiche ed architettoniche, era molto sentita ed era veicolo per una consapevole formazione didattica. Il Comitato d’Onore che ci viene riportato dal Giornale di Reggio era costituito dal Commissario prefettizio Franco Melloni, dal Regio Pretore Giovanni Buffagni e dall’ex Sindaco di Scandiano Venerio Zuccoli, mentre nel Consiglio Direttivo furono eletti Mario Angelini (Presidente), Ilda Caroli Montanari(Vice-Presidente), Maria Regina (Segretaria), Peppino Curti (Cassiere), Dealmo Artioli (Consigliere), Carlo Scalabrini (Consigliere) e Rina Montermini (Consigliere). La presenza dell’ex Sindaco moderato Venerio Zuccoli, che amministrò Scandiano dal 1903 al 1920, quindi ben prima dell’avvento del fascismo è certamente molto significativa circa l’ampia composizione della squadra promotrice della sezione locale del Turismo Scolastico e fuga ogni dubbio sull’autorevolezza circa la stessa composizione degli organi direttivi. Il programma presentato per l’occasione prevedeva diverse escursioni sui colli reggiani ed una gita a vedere l’ingegno delle bonifiche, oltre ad una serie di conferenze per approfondire il lato storico ed artistico della penisola italiana.

 

La notizia della formazione della sezione scandianese del Turismo Scolastico, riportata oggi è ovviamente del tutto marginale nello scacchiere degli eventi di quegli anni, ma fissa una importante fotografia di quel profondo impegno sociale ed educativo dell’inizio del secolo scorso, che merita di essere ricordata. Il far avvicinare sempre più tutte le classi sociali al sapere e alla conoscenza del bello, fu una spinta propulsiva che in tutto il continente europeo vide l’alba proprio dopo la fine del primo conflitto mondiale e l’Italia in questo frangente non fu certamente da meno, per spinta e vocazione di una popolazione che nelle arti e nelle scienze ha sempre trovato la propria casa.

 

Fabio Pederzoli

 

venerdì 2 aprile 2021

DIGA DI VETTO E LAGHETTI ARTIFICIALI SULL’ASTA DEL PO: SOLUZIONI COMPATIBILI

Intervento di Fabio Pederzoli
su Prima Pagina
15-08-2013

A distanza di quasi otto anni ritorno su un argomento che si ripresenta nella sua importanza oggi più che mai, a fronte delle mutate condizioni climatiche.

La mancata realizzazione della diga di Vetto rappresenta il più clamoroso errore strategico-infrastrutturale, che la nostra provincia conosca. Un errore che viene da lontano e che non è stato possibile superare per diffidenze ed ostilità, che segnano e ci restituiscono la scarsa lungimiranza della classe politica locale e regionale. Un’idea che vide la sua prima alba nel ‘800 e che a più riprese è stata alimentata fino ai giorni nostri.

Ai 5,5 milioni di lire necessari nel lontano 1863, ora non basterebbero nemmeno più i 200 milioni di euro stimati per il cosiddetto “invaso piccolo”; tuttavia la realizzazione della diga di Vetto risulterebbe un’opera vantaggiosa, foriera di un notevole impatto sul tessuto economico reggiano.

La realizzazione delle grandi opere comporta certamente non poche difficoltà per reperire le necessarie risorse, per affrontare problematiche di progettualità e di fattibilità e per superare soprattutto le diffidenze e alle volte le strumentali contrarietà; la diga di Vetto certamente troverebbe ancora sulla sua strada tutti questi ostacoli, ma un’amministrazione politica del territorio lungimirante, potrebbe superare il tutto, se solo ponesse risoluzione e determinazione nell’affrontare la questione. La laboriosità e determinazione emiliana può tranquillamente, se ci fosse volontà, tramutare il “si può fare” in un ben più concreto “si deve fare e si farà!”.

Il bacino artificiale costituirebbe parimenti anche una notevole valorizzazione del territorio, con conseguente promozione dello stesso indotto turistico.  La realizzazione dell’opera darebbe quindi lavoro non solo nella fase progettuale e di completamento, ma costituirebbe un volano economico, capace di creare le condizioni per un incremento delle attività turistiche e ricettive, con conseguente aumento costante dei posti di lavoro negli anni a vanire.

Oggi è necessario è quanto mai prioritario rilanciare l’idea di realizzare la diga di Vetto per programmare correttamente il futuro e per poter garantire alle produzioni agricole adeguate riserve idriche. Fattore certamente non secondario risulterebbe la produzione di energia idroelettrica. 

E’ d’uopo qui ricordare la lungimiranza e sagacia della famiglia dei conti Spalletti che tra il luglio del 1920 ed il marzo del 1921 a Costa-Casoni nel territorio di Montecchio Emilia, realizzarono una complessa opera idraulica, capace tramite un canale adduttore di immagazzinare le acque dell’Enza, facendole confluire in un serbatoio di raccolta. Le particolarità del terreno poco argilloso, che di fatto disperdeva la raccolta dell’acqua e la successiva invenzione della pompa sommersa, che permise lo sfruttamento dei pozzi per l’irrigazione, fece cadere nell’oblio la monumentale opera degli Spalletti (1). 

In questi giorni si registra la proposta della Coldiretti di creare lungo l’asta del Po, una serie di laghi artificiali, per la raccolta dell’acqua. La proposta è certamente interessante e merita di essere accuratamente analizzata, nel pieno rispetto ambientale e paesaggistico. L’idea presentata dalla Coldiretti di realizzazione di questi piccoli invasi artificiali, avrebbe una tempistica certamente favorevole, per trovare soluzioni, senza dover aspettare un lungo periodo e porterebbe un giovamento alle produzioni agricole. A distanza di 100 anni da quel 17 marzo del 1921, giorno dell’inaugurazione dell’opera idraulica realizzata dai conti Spalletti, si ritorna a parlare di metodologie idrauliche analoghe di raccolta dell’acqua, tramite canali adduttori, per porre rimedio al devastante problema della siccità. Le idee messe a concerto oggi, per risolvere il problema della siccità e per non disperdere le acque, quando queste sono presenti, possono trovare anche validi insegnamenti dalle idee del passato e certamente l’intuizione degli Spalletti fu avanguardia del suo tempo.

La soluzione avanzata dalla Coldiretti tuttavia non deve essere valutata come alternativa alla diga, ma come una soluzione aggiuntiva, da mettere comunque in relazione con l’ambiziosa e quanto mai necessaria realizzazione dell’opera idraulica dell’invaso artificiale di Vetto.

 

Fabio Pederzoli

 

Note:

(1) Sant’Ilario d’Enza. Dall’Unità d’Italia alla Liberazione. Storia e cronaca. Alfredo Gianolio. Edito dal Comune di Sant’Ilario d’Enza. Sant’Ilario d’Enza, 1998. pp 89-90.




 

venerdì 26 marzo 2021

CIMITERO MONUMENTALE DI REGGIO EMILIA: NECESSARIO INVESTIRE RISORSE PER LA RISTRUTTURAZIONE

Facciata Cimitero Monumentale

Il presente contributo sul Cimitero Monumentale di Reggio Emilia è versione rivista del post pubblicato il 23/12/2016.


Il cimitero suburbano di Reggio Emilia, oggi Cimitero Monumentale, fu originariamente realizzato in epoca napoleonica, progettato su disegni dell’Architetto del pubblico, Domenico Marchelli nel biennio 1807-1808, sulle fondamenta del vecchio cimitero posto a fianco del torrente Crostolo. La sua realizzazione rispondeva all’editto napoleonico di Saint Cloud, del 12 giugno del 1804, che vietava le sepolture dentro il perimetro cittadino e nei luoghi di culto.

 

I terreni utilizzati per il cimitero, appartenevano al possidente Giuseppe Fontanesi.Il 22 novembre del 1809 si tenne l’inaugurazione del cimitero suburbano con la solenne benedizione del Vescovo e Principe di Reggio ed Abate Commendatario di Nonantola, Francesco Maria d’Este (“Tesdé”), conte di Sant’Andrea, figlio illegittimo che il Duca di Modena e Reggio, Francesco III d’Este ebbe con la damigella di corte Mademoiselle Stéphanie de Mouton.


Cappella San Crisanto e Santa Daria

La cappella del cimitero, venne successivamente costruita nel 1818, in tempo di restaurazione austro-austense, sempre su disegni del Marchelli e venne dedicata ai martiri cristiani San Crisanto e Santa Daria, le cui reliquie sono custodite nella cripta del Duomo di Reggio Emilia.

Nell’arco del XIX e del XX secolo, diversi scultori di fama e prestigio hanno prestato il proprio ingegno alla realizzazione delle statue ad ornamento delle singole tombe, di cui basti ricordare: Paolo Aleotti (1813-1886), Ilario Bedotti (1834-1897), Giulio Monteverdi (1837-1917), Guglielmo Fornaciari (1859-1930), Riccardo Secchi (1871-1938), Ferruccio Orlandini (1896-1983), Galileo Scorticati (1913-1993) e Tonino Grassi (1913-1999).

Un primo significativo allargamento del cimitero si ebbe nel 1923 con l’acquisto di nuovi spazi confinanti; in quest’occasione si ebbe l’edificazione dei Colombari su progettazione dell’Architetto del pubblico, Prospero Sorgato.

L’edificazione progettuale di inizio ‘800 del Marchelli, vedrà un significativo ampliamento nel 1931, in piena era fascista, con la realizzazione di un nuovo ingresso (facciata) monumentale, su progettazione sempre del Sorgato e con affreschi a mosaico di Anselmo Govi (1893-1953).  I lavori di trasformazione del cimitero con la costruzione dell’ingresso monumentale – che ha incorporato, annullandolo, l’ingresso timpanato del 1807 – dureranno dal 1931 al 1937. 

Nel 1936 il primo piano regolatore della città di Reggio Emilia, elaborato dell’Ing. Getulio Artoni (1895-1983), sancirà definitivamente la trasformazione del cimitero suburbano cittadino, in struttura monumentale.

 

Il Cimitero Monumentale di Reggio Emilia è a tutti gli effetti un luogo di significativo valore architettonico, che assume un ruolo di memoria storica di assoluta importanza. Nel primitivo porticato riposano illustri cittadini che hanno dato lustro alla nostra città, nel campo delle arti e della vita politica; in quei muri sono ascritte le nobili e patrizie famiglie reggiane e numerosi ed illustri membri della nostra Chiesa.

L’Amministrazione Comunale, che ha fin qui ha speso male parte dei 14,5 mln di euro, finanziati dal MiBACT con il progetto “Ducato Estense”, dovrebbe rivedere al più presto anche la situazione del Cimitero Monumentale e predisporre quanto prima un progetto di restauro fedele ed accurato, che parta dalla pulizia della facciata (progettata dal Sorgato), fino al restauro delle tombe antiche situate all’interno del Quadriportico del Marchelli, ornate da statue e sculture, vere e proprie opere d’arte, realizzate da quegli illustri scultori citati in precedenza.

Inoltre è certamente necessario che sia predisposto un servizio di portineria in presenza, per informazioni e servizi. La cura di quel luogo della nostra città è prima di tutto rispetto per la nostra storia.

Il lavoro e l’impegno professionale profuso da Prospero Sorgato (1891-1959), stimato architetto del pubblico della nostra città, dagli anni venti e fino alla soglia degli anni cinquanta del secolo scorso, testimonia l’importanza del personaggio, che certamente merita l’intitolazione di una via nell’esagono della città vecchia.

 

Fabio Pederzoli

 

Fonti consultate:

1)   Il Cimitero Suburbano e il Cimitero Ebraico di Reggio Emilia. Guida storico-artistica. Edito da Fondazione Pietro Manodori. Reggio Emilia, 2000.

2)   “Gli Estensi. Mille anni di storia” di Luciano Chiappini – Corbo Editore – Anno 2001 – pag 520.

3)   “Una storia dimenticata: il Cimitero Suburbano di Reggio Emilia” di Brunella Angeli in “L’archivio di Prospero Sorgato. Un architetto del pubblico” a cura di Andrea Zamboni, Laura Gasparini con Brunella Angelli. Edito da Biblioteca Panizzi Edizioni. Reggio Emilia, 2012

4)   Sito Internet della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia “Archivio di Prospero Sorgato”.  


mercoledì 24 marzo 2021

BIBBIANO: CULLA DEL PARMIGIANO REGGIANO. UN TERRITORIO DA RISCOPRIRE

Bibbiano
Chiesa di Santa Maria Assunta

Il Comune di Bibbiano postosi a capofila con le altre realtà di Cavriago,  San Polo d’Enza, Montecchio Emilia e Sant’Ilario d’Enza, intende porre al Ministero delle Politiche agricole, la candidatura del territorio, del paesaggio, delle praterie e dei canali irrigui nel Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico. 

Un’iniziativa questa che non si può non accogliere con entusiasmo, nella speranza che l’intera classe politica, senza distinzione di schieramento, ponga in essere tutti gli strumenti a disposizione, affinché si concretizzi tale importante passaggio. Una grandissima occasione per il territorio e per gli agricoltori che lo lavorano con passione. 

Le città di Sant’Ilario d’Enza e Montecchio Emilia è d’uopo qui sottolineare, che certamente debbono tantissima riconoscenza storica alla famiglia dei conti Spalletti, che nel sapiente utilizzo dei terreni, amministrarono una fortuna, investendo ingenti risorse, dando lavoro e rendendo vicendevolmente profittevole il contratto di mezzadria. Nel 1922 la famiglia Spalletti nelle due città possedeva circa 750 ettari di terreno, con ivi dislocati 40 poderi. Una riconoscenza tangibile nei confronti della nobile famiglia, che oggi in questo importante passaggio dell’eventuale iscrizione nel Registro nazionale predetto, dovrebbe essere sancita con una apposita targa celebrativa e con la creazione di uno spazio museale dell’agricoltura, dedicato proprio all’illustre casato. A più di un secolo di distanza, nobili figure come il conte Venceslao Spalletti e quel mondo contadino, restano fulgido esempio della laboriosità emiliana. 

Il tessuto sociale odierno è figlio delle esperienze passate e lo stesso legame ancora tangibile, ci ha lasciato in eredità una terra carica di valori e sani principi. Il senso stesso dell’identitarismo storico culturale, si propone invariato ancora oggi nella sua affascinante complessità. 

La città di Bibbiano quale “Culla” del Parmigiano-Reggiano merita certamente di essere il simbolo di questa importante candidatura, che se accolta, punterà i riflettori su un territorio tutto da riscoprire e valorizzare. La stessa reggianità del pregiato prodotto caseario in questa operazione, potrà certamente trovare nuova luce e considerazione, assumendo quella centralità, fin qui messa in ombra dall’intraprendenza d’oltre Enza.

Le parole di Loretta Bellelli, Assessore a Bibbiano con deleghe Ambiente e promozione del territorio, correttamente rilevano la storicità e la tipicità di un importante territorio: “A distanza di oltre otto secoli, la persistenza dei canali irrigui, la diffusione di “praterie” e la concentrazione di caseifici vocati alla produzione certificata di Parmigiano-Reggiano, testimoniano la storica e l’integrità di questo paesaggio rurale…” (Gazzetta di Reggio del 14 marzo 2021). L’Ing Giuseppe Veneri infine perfettamente analizza il dossier Canovi-Catellani che c’è dietro all’importante candidatura del territorio “… la visione geostorica che solitamente manca nella valutazione di un paesaggio, una lettura che porta alla luce la vocazione di un territorio e tutti i legami storico-culturali annessi, quali importanti valori da diffondere alla popolazione per l’alto valore di senso di appartenenza che se ne trae”(Gazzetta di Reggio del 14 marzo 2021).

Il Parmigiano-Reggiano sempre più simbolo di un territorio, dovrà diventare definitivamente quell’importante biglietto da visita di promozione delle nostre città nel mondo; un brand commerciale, dall’enorme potenziale, che identifica e fotografa l’identità di una provincia intera.

La nostra storia si intreccia con personaggi e famiglie, che oggi è quanto mai doveroso ricordare, affinché le future generazioni conoscano appieno il senso stesso di quell’identitarismo territoriale, che ci lascia in dote l’orgoglio stesso della nostra reggianità. 

E’ certamente auspicabile in questo contesto di riscoperta territoriale in Val d’Enza, una stretta sinergia con la stessa kermesse di Fotografia Europea promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani e dalComune di Reggio Emilia. Una futura edizione del festival culturale internazionale, dedicato alla fotografia contemporanea, potrebbe trovare proprio nei paesaggi rurali della Val d’Enza un suo palcoscenico e teatro naturale. Nella speranza di un sempre maggiore, allargato, vivace ed innovativo sviluppo dell’ambiente storico culturale.

 

Fabio Pederzoli

 

venerdì 19 marzo 2021

CASTELLARANO TRA PASSSATO E FUTURO: UN BORGO DA VALORIZZARE

Borgo antico di Castellarano

Il Borgo antico di Castellarano è eccellenza nel panorama italiano; vicoli e case in mattoni, ci restituiscono ancora oggi l’immagine del borgo antico e tutta la sua suggestiva atmosfera tipica.

Le Amministrazioni comunali castellaranesi che si sono succedute negli ultimi anni, non hanno dato adeguato risalto alla promozione del borgo e né tantomeno cercato di proporlo nei circuiti nazionali ed internazionali di riferimento.


Una politica di promozione turistica di pressoché totale afasia, che svela un malcelato disinteresse, tipico delle amministrazioni di sinistra, schiacciate solo sui dettami storici filo resistenziali, quasi la storia si riducesse tutta e solo in quel periodo. L’assenza di un vero e proprio Info Point dedicato, per fare adeguata accoglienza turistica è certamente una mancanza che pesa e che penalizza la promozione del territorio di Castellarano.


Non esistono vere progettualità di visite guidate e di accoglienza per il turista, come del resto sono pressoché assenti le attività commerciali nel borgo. Negli ultimi vent’anni si sarebbe potuto fare molto di più anche in termini di pubblicistica, con guide turistiche di qualità, da promuovere in primis sulle reti autostradali.


 Affreschi su una porta di ingresso

Il borgo antico di Castellarano è un vero e proprio gioiello, sconosciuto ai più eneppure tanto valorizzato nello stesso ambito provinciale reggiano.

Nel comparto turistico e della promozione ad esso collegata, auspico da sempre maggiori e più incisive sinergie pubblico/privato, affinché sia creata quella rete di relazioni e di interscambi, forieradi sviluppo economico. Il turismo visto sia come strumento di valorizzazione della città, che come biglietto da visita, per la promozione delle eccellenze del territorio reggiano, quali possono essere il pregiato aceto balsamico, il Parmigiano Reggiano, i vitigni tipici e non ultimo i prodotti del comparto ceramico.


Una classe politica capace saprà raccogliere le sfide in questo campo? Una intera filiera del settore terziario è in trepidante attesa che qualcosa si muova in termini di reale sviluppo del comparto turistico. Questa è la principale sfida politica del prossimo quinquennio.

 

Fabio Pederzoli

 


mercoledì 17 marzo 2021

SAN CASSIANO E LE ALTRE FRAZIONI POSSONO TROVARE EGUALE TRATTAMENTO A CASTELLARANO IN TERMINI DI TARIFFE

San Cassiano 
Chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano Martiri
La proposta di spostare sei frazioni da Baiso a Castellarano, non è stata certamente una provocazione politica, ma bensì una ragionata analisi che poggia solide basi sulle peculiarità del territorio interessato. San Cassiano, Debbia, Lugo, Levizzano, Muraglione e Ponte Secchia hanno un territorio certamente più conforme a quello di Castellarano, rispetto a quello di Baiso. 

Il Comune di Baiso che è parte integrante dell’Unione Tresinaro Secchia, ormai da qualche anno mostra interesse di posizionamento nella comunità montana, con qualche non troppo velato ammiccamento, di corteggiamento politico in tale direzione anche con la confinante Viano. Le peculiarità ad esempio di una frazione come quella di Muraglione, asse nevralgico delle stesse altre frazioni limitrofe, resterebbero pertanto completamente schiacciate da questo spostamento nella comunità montana.

Il Sindaco di Baiso Corti su San Cassiano e Levizzano ha poi dimostrato nell’intervista rilasciata alla Gazzetta di Reggio - c’è  da dire con ogni probabilità involontariamente - scarsa attenzione politica, di fatto facendo passare il concetto sbagliato che i due territori siano sostanzialmente campi per il pascolo e pareti rocciose per le frane. Il paesaggio che si staglia in quei luoghi invece si presta benissimo per essere tanto ricettivo, che promosso maggiormente in campo agricolo. 

San Cassiano per secoli e più precisamente dal 1490 al 1752 è stata un unicum amministrativo con Castellarano e Roteglia sotto il dominio degli estensi. La posizione di dominio sul Secchia rendeva il territorio di San Cassiano un baluardo importantissimo al pari di Castellarano nello scacchiere territoriale dell’epoca. Baiso come giustamente ha sottolineato anche lo stesso Sindaco Corti, garantisce oggi certamente vantaggi dal punto di vista delle tariffazioni IMU, rifiuti ed IRPEF, rispetto a Castellarano, ma questo non impedisce a quest’ultima di trovare una soluzione adeguata, qualora le sei frazioni passassero effettivamente sotto la sua giurisdizione. L’immutabilità amministrativa di un territorio non deve essere vista certamente come un dogma e i cambiamenti socio economici di un territorio determinano anche l’esigenza di razionalizzazioni e mutamenti, che anche solo dieci anni fa non erano avvertiti come necessari.

Accorpamento Comuni 
Proposta del 2013

Nel 2013, durante la campagna elettorale per le politiche, di cui ero in lista in Emilia-Romagna con Futuro e Libertà per l’Italia (FLI) per l’elezione della Camera dei Deputati, lanciai la coraggiosa proposta di passare dagli allora 45 ad 8 comuni in ambito provinciale e su quella direttrice non ho certamente cambiato idea in termini di funzionale razionalizzazione delle risorse. Lo scenario degli accorpamenti comunali, che sembrava dopo Ventasso essere in discesa, purtroppo ha visto una netta battuta di arresto, causa la pessima soluzione di accorpare San’Ilario d’Enza e Gattatico con Campegine, respinta giustamente dal referendum popolare. Un errore politico quello dell’accorpamento saltato alle urne, che fu figlio della scarsa lungimiranza e preparazione della sinistra di quei territori. Il fine resta pertanto certamente l’accorpamento dei comuni, tuttavia prendendo atto che i tempi non saranno certamente brevi, data la ritrosia al cambiamento è comunque necessario apportare cambiamenti funzionali agli attuali assetti territoriali.


Il sistema politico del comprensorio ceramico è certamente schiacciato su posizioni di retroguardia politica, di una ormai logora e consunta azione del Partito Democratico, più proteso al mantenimento dello statu quo che a cercare efficaci soluzioni, per un mondo che cambia e lo fa ad una velocità, che solo vent’anni fa era impossibile immaginare. Le stesse opposizioni, su questo tema potrebbero fare certamente di più e la recente proposta di spostamento delle sei frazioni in questione è stato per adesso avvertito come il classico “sasso nello stagno”.


La proposta di spostare quelle sei frazioni è stata comunque lanciata e a questo punto, anche dato l’interesse che ha smosso, sarà interessante capire se le forze politiche sapranno declinare nel concreto una risposta identitaria per quei territori. Perché dire che non ha senso lo spostamento non costa certamente nulla, ma motivarlo deve essere ragionevolmente argomentato. E ascoltare le istanze, le aspettative e le legittime richieste di chi abita quei territori è una cosa che impegna certamente anche la stessa Baiso, anche solo per migliorare la stessa qualità della vita.

 

Fabio Pederzoli

 

 


domenica 14 marzo 2021

INTITOLARE UNA VIA DI REGGIO EMILIA A GIOVANNI GENTILE

Giovanni Gentile (foto Wikipedia)

Giovanni Gentile fu l’ideatore e “padre” dell’Enciclopedia Italiana (Istituto Giovanni Treccani). Alla stesura della monumentale opera, chiamò a collaborare diversi intellettuali antifascisti; tale inclinazione liberale evidenzia chiaramente la matrice e la libertà intellettuale che lo muoveva. 

 

Egli criticò le leggi razziali e collaborò attivamente con personalità antifasciste; cosa questa che gli procurò non poche noie e aspre critiche da parte del regime fascista. Giovanni Gentile giova ricordare che non fu mai un’intellettuale organico del fascismo, ma semplicemente un filosofo inserito nel contesto del suo tempo. Le sue opere filosofiche e letterarie certamente trovarono anche ispirazione dal periodo fascista, ma non ne erano certamente propaggine. Il filosofo Gentile pensò per certi versi il fascismo come una sorta di estensione del Risorgimento italiano, in quanto ideologia continuatrice del sentimento irredentista.

 

Oltre al lavoro per la stesura dell’Enciclopedia Italiana, Giovanni Gentile va ricordato per aver dato il nome e soprattutto forma alla riforma della scuola; tale legislazione fu un balzo in avanti notevole e garantì un assetto all’Istruzione, dinamico e moderno. La centralità dell’istruzione classicae l’innalzamento al quattordicesimo anno di età della scuola obbligatoria i cardini principali di una riforma, che permise alfabetizzazione a classi sociali fino a quel momento sostanzialmente escluse dalla vita sociale del paese.

 

Le sue opere letterarie in campo filosofico sono ancora oggi riconosciute a livello internazionale, quale patrimonio culturale della scienza filosofica. 

 

Giovanni Gentile fu assassinato nel 1944 da un gappista partigiano in Firenze, in quanto ritenuto “colpevole” di essere fascista; da quei tragici e criminali fatti, una coltre vergognosa di silenzio è calata sulla sua figura. Un silenzio, che ha impedito all’Italia di poter onorare con i giusti riconoscimenti il più grande filosofo del novecento italiano. Nel 1994 (durante il primo Governo Berlusconi) il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, l’On. Giuseppe Tatarella di Alleanza Nazionale, per i cinquant’anni dalla morte, dispose l’emissione di un francobollo commemorativo.

 

La richiesta, che pongo ai politici reggiani, di qualsiasi schieramento è di aprire un sereno dibattito sulla figura di Giovanni Gentile; una prova di maturità politica, che rimetta al centro il valore di un importante personaggio della storia italiana. Nel concreto sarebbe certamente auspicabile un gesto significativo, per iniziare realmente quella tanto agognata riconciliazione nazionale: intitolare una via a Giovanni Gentile nella città di Reggio Emilia.

Un gesto appunto significativo e di grande valore simbolico. Dibattito che spero nasca senza polemiche e strumentalizzazioni politiche. Un dibattito privo di colore, senza casacche e senza bandiere, che per una volta veda al centro la figura, la personalità ed il curriculum del personaggio. E’ giunto il momento di ridare Giovanni Gentile all’Italia, poiché le generazioni che verranno nascano in un paese meno lacerato da una divisione ideologica lontana, ormai del tutto anacronistica. 

Una speranza questa che dovrebbe pervadere tutti coloro che credono nella democrazia e nel rispetto dell’essere umano.

 

Citando lo scrittore e saggista Marcello Veneziani (Messaggero 4 marzo 2004 "Gentile, un’eredità da rilanciare"):
"... Gentile pensò il fascismo come il braccio secolare dell'Italia; il fascismo passa, l'Italia resta. ..."

Citando il filosofo Platone da Lettera VII:
"...nelle guerre civili non c'è tregua al male fino a che i vincitori, cessando di vendicarsi dei loro avversari, non metteranno fine a esili stragi e rappresaglie e torneranno padroni di sé stessi, stabilendo leggi uguali per tutti, vantaggiose tanto per i vincitori, quanto per i vinti".

 

Le motivazioni che permettono a pieno titolo una richiesta di omaggio con la conseguente intitolazione di una via a Giovanni Gentile, si ascrivono al senso stesso di quella giustizia, che dovrebbe essere faro comune della buona e sana società.

 

 Fabio Pederzoli